Il "ladro di giorni" al Festival del Cinema Made in Italy 2020
- Oltremànica
- Mar 6, 2020
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Sorride, Riccardo. O forse dovrei usare il suo cognome. Non é certo Riccardo che sorride a questo pubblico adorante e ridacchiante. Non è certo Riccardo che lo asseconda, ammiccando e presentando, in un inglese deciso, lo spontaneo regista. C’è forse qualcosa di più di Riccardo nello sguardo penetrante di Vincenzo, il suo personaggio, protagonista dell’intreccio emotivo del Ladro di sogni. Più che ad un film, questa sera abbiamo assistito allo sviluppo di un ritratto di un’Italia che abbiamo forse dimenticato. O semplicemente mai vissuto. Un’Italia infiammata di contrasti.
Il sipario si alza su un idillio meridionale, di cui colori sfumati tradiscono l’appartenenza al passato. Vincenzo ha tra le braccia il figlio Salvo, tre anni al massimo, e bacia la moglie Maria, negli occhi lo sguardo riservato alle persone che se ne andranno troppo presto. Vincenzo porta Salvo al mare, promettendogli un giorno di tuffarsi insieme a lui dal Picco della Morte. Al mare lo abbandonerà, portato via da dei poliziotti in borghese.
Il bambino, sette anni dopo, descriverà l’episodio in un tema che gli vale il premio di primo della classe in una lontana aula del Trentino. Allevato dagli zii, é cresciuto lontano dal sole scottante della Puglia e dalla violenza della vita paterna. Scrive il tema incosciente del fatto che il padre, uscito di carcere, irromperà di lì a poco nella sua vita, afferrando al volo il pallone con cui il figlio ha appena segnato un goal nel parco della scuola.
“È il racconto di un incontro, tra un figlio che ha quasi dimenticato di avere un padre e un padre che stenta a riconoscere in quel bambino suo figlio”.
Dalla pacifica realtà di Trento, Vincenzo trascina il figlio e un carico di cocaina in un viaggio attraverso l’Italia, verso Bari. Chilometro dopo chilometro, il Meridione si avvicina, cosi come padre e figlio, e con loro la violenza del passato. Crimine dopo crimine, Vincenzo e Salvo divorano la distanza che li separa dal ladro dei giorni, il professore che ha consegnato anni delle loro vite in comune alla giustizia, che in questo luogo alieno pare essere evanescente. Ladro si confermerà alla chiusura del film, rubando per sempre a Salvo il padre, che si spegne ottenendo dal figlio il bacio che cerca da tutto il viaggio.
Di ritorno a Trento, Salvo salta dal trampolino dello scintillante complesso sportivo della sua scuola. Si getta nel vuoto, come non era riuscito a fare a fianco a Vincenzo, di fronte al Picco della Morte, unica promessa mantenuta di un padre a cui non riusciva a smettere di chiedere “Non mi abbandoni, vero?”.
“Gli uomini pericolosi non sono i cattivi, sono gli stupidi. Non si rendono conto del male che fanno. Io non voglio essere né cattivo, né stupido. Io voglio essere coraggioso.”

Le luci si accendono, Riccardo non c’è, Scamarcio neppure. Aleggia ancora lo spirito di Vincenzo, vero ladro di giorni.
Critica sottile di un’Italia spaccata in due, costretta ad accecarsi un occhio, per impedirsi di scorgere quanto nero è l'altro, Il ladro dei giorni é un’opera fuori dagli schemi e fugge da ogni tentativo di categorizzazione. Altrettanto fuori dagli schemi é il regista, Guido Lombardi, che abbandonato da Riccardo Scamarcio al Q&A, ha dimostrato talento nell’improvvisazione, trasmettendo, in un inglese a tratti pugliese, una solida volontà artistica. Una volontà a puntare i riflettori sulla multiformità delle relazioni umane, senza avere la presunzione di spiegarle.
Il ladro dei giorni è uscito nelle sale italiane a gennaio 2020. È apparso tra la selezione del Festival del Cinema Made in Italy 2020 al Ciné Lumière, giunto quest’anno alla decima edizione.
Regia di Guido Lombardi, con Riccardo Scamarcio, Augusto Zazzaro e Massimo Popolizio.
Qui il resto della programmazione del Festival.
di Rebecca Gnignati
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